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Di Cinzia Meroni
È un album nato quasi per caso “Blue & Lonesome”, in uscita venerdì 2 dicembre 2016 e col quale i Rolling Stones fanno il loro ritorno sul mercato discografico a ben undici anni dall’ultimo “A Bigger Bang”. Prodotto da Don Was e The Glimmer Twins e registrato in soli tre giorni ai British Groove Sudios di Londra, non lontano dai fumosi pub di Richmond e Eel Pie Island, dove la band mosse i primi passi, l’album raccoglie dodici classici del Chicago Blues anni ’50 e ’60. Un viaggio alla fonte dell’ispirazione più autentica della band, che da bluesmen quali Muddy Waters – dalla cui “Rollin’ Stone” Jagger e soci presero il nome per la formazione – Little Walter, Willie Dixon, Howlin’ Wolf, Eddie Taylor e Magic Sam si lasciò infiammare negli anni giovanili ed in seguito, in maniera più o meno sotterranea, per tutto il resto della carriera.
“Questo disco è un omaggio ai nostri preferiti, gente che ci ha spinti a suonare e a mettere in piedi una band. Eravamo dei proseliti del Blues e alla fine è quello che siamo ancora oggi”, spiega Mick Jagger a proposito dei retroscena di questo disco. Lo segue a ruota da Keith Richards, che precisa: ““Blue & Lonesome” racchiude tutto quello che volevamo fare. Finalmente dopo cinquant’anni abbiamo fatto un album Blues, ma non dimentichiamo che nel ’64 fummo noi a portare “Little Red Rooster” di Howlin’ Wolf in cima alle classifiche e che nessun’altra band allora aveva mai fatto una cosa del genere con un pezzo blues. Tutto ciò che volevo poter dire è: “Ho tramandato questa roba” e credo che con questo disco il mio desiderio si sia finalmente avverato”.
Di sicuro in “Blue & Lonesome” ci sono tutta l’immediatezza e il suono marcio e vibrante del blues della Chess Records, frutto di un approccio estremamente diretto e genuino al materiale confluito nel disco, inciso per lo più in presa diretta. “Stavamo incidendo qualche canzone nuova, ma un giorno ci siamo stufati, ci succede spesso, quindi ci siamo buttati su un vecchio Blues, poi un altro e un altro ancora, finché ci siamo detti, ok, torniamo domani e facciamone altre tre o quattro. È accaduto tutto molto velocemente”, racconta Mick, vero propulsore dell’operazione, istigata, però, sul nascere dal buon vecchio Keith, che ricorda: “Era ottobre 2015 quando chiamai Ronnie (Wood) chiedendoli di tirarsi giù “Blue and Lonesome” di Little Walter, che è sempre ottima per riscaldarci prima di fare roba nuova o per smuovere le acque nei momenti di stallo. Ovviamente quel momento è arrivato in studio e quando l’abbiamo suonata è venuta una bomba. Mick ha subito proposto di fare un pezzo di Howlin’ Wolf e il tutto è semplicemente decollato. Da quel momento è stato impossibile fermare Mick, quindi ho pensato: perfetto, avanti così. In qualche modo si può dire che è successo tutto per caso”.
Un caso, si, ma guidato dall’entusiasmo di Jagger e dalla scelta precisa di suonare quelle gemme misconosciute del Blues, roba che non appartenesse alla categoria del già sentito, soprattutto per i fan degli Stones. “La prima che abbiamo suonato è stata “Blue and Lonesome”, che è un tipo di Blues molto strano, diretto ed emotivo, strappacuore direi. Mi piace moltissimo, l’abbiamo suonata tutti con una tale energia, come se facessimo sul serio. A quel punto sono dovuto andare a casa a spulciare nella mia collezione di dischi per capire quali canzoni avremmo potuto suonare il giorno dopo. Ho cercato di scegliere quelle che non erano troppo familiari ai fan del Blues. Non sono quelle che abbiamo fatto e rifatto negli anni, ho selezionato quelle un po’ meno note, cercando di essere il più vario possibile per ritmo, emozione e indicazione di tempo”, spiega il cantante, in gran forma in queste dodici tracce, per le quali ha rispolverato l’armonica, impressionando anche il compagno di merende Keith Richards, che commenta: “Mick ha davvero colpito nel segno in questo disco. È l’unico in circolazione in grado di suonare così. Credo che molta gente dimentichi che musicista incredibile sia, ma questo disco lo conferma, la sua voce e l’armonica sono senza pari”.
A proposito di pezzi da novanta, accanto alla formazione composta da Mick Jagger, Keith Richards, Ronnie Wood, Charlie Watts e dai fidatissimi turnisti Darryl Jones (basso), Chuck Leavell (tastiere) e Matt Clifford (tastiere), nel disco troviamo anche il vecchio amico Eric Clapton, che, impegnato nello stesso studio per la realizzazione del suo ultimo LP, “I Still Do”, e nonostante il dolore alle mani causato dalla neuropatia periferica, che lo affligge dal 2013, si è unito ai ragazzi in “I Can’t Quit You Baby” e “Everybody Knows About My Good Thing”. “È stato un altro colpo di fortuna”, racconta Ronnie Wood, “era in studio con noi mentre incidevamo e allora gli abbiamo chiesto se gli andava di suonare. Credo che gli facessero male le mani in quei giorni e ha suonato un pezzo finger-style e uno con lo slide. Eric eccelle quando suona con gli Stones, succede sempre qualcosa di magico, probabilmente è il sollievo del non essere il leader della band”.
Insomma, “Blue & Lonesome” è un viaggio nel Parnaso degli artisti che incendiarono la fantasia degli Stones prima che fossero gli Stones, un omaggio viscerale al genere da cui prese forma il dna della band icona del rock’n’roll. “La rivisitazione del materiale con cui iniziarono è la perfetta chiusura di un cerchio. Il fatto che lo facciano con decenni di vita spesa a suonare assieme, poi, li mette nella condizione di avvicinarsi alle canzoni con una complessità emozionale completamente diversa rispetto a quando avevano vent’anni”, osserva Don Was, che conclude: “C’è qualcosa nel tessuto di questa band che continua a rigenerarsi”.
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